Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
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Agosto 1944
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Commemorazione dei Martiri di Blessaglia

 Discorso conclusivo del nostro presidente dell'ANPI provinciale Diego Collovini

Autorità civili, militari e religiose, cittadine e cittadini, cari studenti, per me è un onore essere chiamato tra voi in questo giorno a commemorare gli eventi tragici che quasi settant'anni fa insanguinarono Blessaglia.
Anche questo è stato uno dei tantissimi eventi che segnarono indelebilmente il Veneto Orientale.
Non è solamente una commemorazione di eventi e di uomini, è un giorno che richiede di condividere una riflessione sui sentimenti e sugli ideali che allora animarono i combattenti, e che quegli stessi giovani ci hanno lasciato in feconda eredità.
Quest'anno i giovani studenti delle scuole Medie di Pramaggiore hanno letto alcune testimonianze degli ultimi protagonisti ancor viventi, che nel 1943 compirono delle scelte, mescolando sentimenti e idee, giudicando un passato e ipotizzandone un futuro ma tutti nutriti dalla convinzione che la Resistenza non fu solo un deliberato movimento di opposizione all'oppressione fascista e all'occupazione nazista, ma una scommessa sul futuro, la realizzazione di un sogno covato per più di vent'anni e animato dalla speranza di una società democratica, di una repubblica che trovasse la sua ragione d'essere nel lavoro, con l'aspettativa di una legge elettorale che garantisse loro una libera e democratica partecipazione alla nascita di un nuovo Paese.
La rivolta è stata anche il più spontaneo moto di rifiuto e ribellione alla violenza e al sopruso, un invincibile atto di ripulsa espresso da persone e comunità pacifiche, la cui esistenza quotidiana era stata sconvolta e spezzata prima dalla dittatura poi dalla guerra e infine dall'occupazione nazista.
Oggi compiamo un atto di riconoscenza verso quel popolo italiano che seppe riscattarsi non solo moralmente ma partecipando attivamente alla ricostruzione di una nazione distrutta nei diritti e nella dignità di fronte al mondo. Luigi Meneghello, partigiano di Giustizia e Libertà, e importante scrittore del secolo scorso scrisse: «Quando spariscono le parole, spariscono anche le cose che le parole rappresentano» e per non dimenticare né gli uomini né gli ideali che questi hanno rappresentato è necessario ricordare i nomi, i volti di questi giovani che settant'anni fa si sono trovati di fronte a importanti scelte.
Alcuni hanno potuto raccontare quanto sono valse queste scelte, altri, come i giovani impiccati di Blessaglia, assieme a migliaia di giovani in tutta Italia, hanno lasciato a noi la loro memoria e per questo dobbiamo ancora una volta ripetere i loro nomi:
  • Giodo Bortolazzi nato a San Donà di Piave impiccato a 18 anni;
  • Flavio Luigi Stefani nato a San Donà di Piave impiccato a 21 anni;
  • Casimiro Benedetto Zanin nato a San Donà di Piave impiccato a 20 anni;
  • Michail Zinowski "Marcello" nato a Kiuka ex Unione Sovietica impiccato a 27 anni;
  • Giuseppe De Nile nato a San Chirico Raparo Potenza impiccato a 21 anni;
  • Bachisio Pau "Valerio" nato a Buddusò Cagliari impiccato a 25 anni;
  • Angelo Antonio Cossa "Remmit" nato a Bultrei Sassari impiccato a 23 anni;
  • Alfredo Fontanel "Fulmine" di Pramaggiore impiccato a 18 anni.
 Nomi che compongono il grande mosaico della Resistenza, che ancora non abbiamo finito di studiare e conoscere, per renderla compiuto patrimonio della storia e della memoria collettiva degli italiani.
Quei giovani, quelle idee sprigionarono un senso civico, un sentimento nazionale e un desiderio di libertà che invano le superiori forze nazifasciste tentarono di annientare.
Una resistenza al nemico invasore che è stata possibile grazie alla generosa solidarietà tra partigiani e comunità locali, verso le quali i nazifascisti scatenarono disumane rappresaglie.
A testimonianza di tutte l'eccidio di Torlano quando della famiglia De Bortoli di Summaga di Portogruaro furono barbaramente uccisi Vilma (11 anni), Oneglio (8 anni), Bruna (6 anni), Maria (4 anni) e Luciano (2 anni).
Donne e uomini espressione di un movimento davvero popolare, in tutte le sue declinazioni di estrazione sociale, fede e cultura politica, accomunati dalla consapevolezza di essere protagonisti di una storia che oltrepassa ogni personalismo.
Ecco perché è ancora necessario far sentire i nomi di quei giovani perché sono ancora i testimoni muti del senso di una scelta che ha segnato la loro vita, non nel terribile e circoscritto arco della guerra, ma una volta per sempre, non cessando mai di richiamarci alle fonti da cui nacquero la democrazia e la Repubblica.
Molti oggi, sbagliando, vorrebbero ridurre la Resistenza a un evento minoritario e tutto sommato irrilevante nel mezzo di un'imponente guerra di liberazione mossa esclusivamente dagli eserciti alleati.
Sbaglia chi non sa o non vuole leggere nella Resistenza il capitolo della nostra storia in cui, con la democrazia, si è sancita l'Unità del nostro Paese.
Quell'unità d'Italia definitivamente nata nel 1948 con la nostra Costituzione, che, fuori di ogni dubbio, rimane un punto irrinunciabile e indiscutibile, e la sua saldezza va riaffermata ogni volta che riaffiorano tentazioni disgregatrici, sia che si presentino nelle forme del più miope egoismo territoriale, sia che vengano accampate da ragioni più sottili ma ugualmente censurabili come un miope appello rivolto alla nostra coscienza civica.
Ognuno di noi deve essere un geloso custode della Costituzione, delle libertà che in essa sono garantite come rispettoso deve essere dei doveri che questa nostra carta stabilisce.
Proprio per questo equilibrio tra doveri e diritti, e tra i poteri dello Stato bisogna adottare un'estrema prudenza quando si intenda modificarla.
L'impegno di salvaguardare la nostra Costituzione deve toccare, e in prima persona, coloro cui i cittadini hanno affidato la responsabilità del governo e delle amministrazioni del territorio.
Non può essere un vanto quanto un governo per promuovere il suo fare va dicendo: «Stiamo perfino cambiando la Costituzione», sapendo, e non solo perché l'ANPI lo va ribadendo da mesi, che il suo prezioso equilibrio s'intacca facilmente e che le conseguenze non sono affatto prevedibili.
Mai si dimentichi che quella carta fu pensata e scritta dai mille costituenti liberamente eletti dal popolo e che quei mille, di cui tutti noi conserviamo con affetto e gratitudine almeno un nome, non possono essere sostituiti da 42 uomini e donne nominati dal Governo o dalla Presidenza della Repubblica.
Questi 42 non potranno mai supplire un fervido lavoro di studi e di prassi politica né migliorare quella Carta resa possibile dal contributo democratico di tante realtà dell'Italia popolare, dopo la Guerra di Liberazione. Oggi 24 novembre in tutta Italia l'ANPI si è mobilitata per la difesa della Carta Costituzionale e anche noi oggi vogliamo ribadire i NO alle modifiche della Costituzione i No ai cambiamenti senza che i cittadini siano consultati, il NO alla riforma dell'articolo 138 in discussione alla Camera.
L'ANPI non è un'associazione conservatrice per questo ritiene che la nostra Carta Costituzionale vada modernizzata, ma solamente nella riduzione dei parlamentari, nel dare maggior attenzione alle commissioni, all'abolizione del bicameralismo perfetto, a una nuova riorganizzazione degli enti intermedi tra Stato e Cittadini. La legge costituzionale proposta da questa maggioranza "vuole togliere l'ultima parola ai cittadini su una norma di garanzia costituzionale", quella che garantisce il referendum sulle modifiche costituzionali, e in questo quadro di diffusa indifferenza, "ci si appresta a compiere uno strappo vero e proprio alla nostra Costituzione e ad impedire ai cittadini di fare sentire la propria voce".
Questa giornata ci porti a riflettere con attenzione sulle scelte costituzionali affinché il sacrificio di questi giovani, come quello di tanti altri caduti o uccisi nel suolo italiano, non vada svilito e dimenticato.

Viva la resistenza, viva l'Italia.
 
--- 2013 ---
 
 
 
 
 

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